Prendiamo una carrozza anacronistica, aggiornandola in quanto inesistente. Saliamo alla sua guida. Di redini, di lacci se ne trovano, di legami tra noi, di dolci bende. Bardiamo un animale a caso il cuore dai fianchi pretenziosi da roano. Ecco che trotta. Che ci prende la mano. Abbiamo visto le regge, dietro le inferriate, e le foreste nere e le campate non so di quanti ponti. Ho visto la tua nuca ad Alessandria, e poi me lo racconti se ci sei mai stata, se ti senti, ti sentivi osservata. Il posto è qui. è qui quel lavorio dell'erba, simile al pensiero che contiene nel vello quell'orma del tuo corpo ed uno stelo sconvolto dal tuo gomito che avrebbe dimenticato d'essere carnale, per non dimenticarlo in generale. Qui si incavano, senza corpi a pesare, le nostre impronte a muoversi, a sedere. Vedi là, vedi là e gli occhi saltano come chiaro e pupilla capinere. Ci sono posti al mondo dai quali non c'è fuga. Stanze come questa, nelle quali restano le nostre rappresentanze, i nostri uffici dogan*li. Dove noi veramente ci impieghiamo, avviluppati in teneri sofismi, cavilli di permessi, arzigogoli, tropismi nella nostra direzione. Una frontiera è fatta di due righe. E bastavano le dita di una sola mano mandata avanti in viaggio, e l'altra le farà da testimone si può vedere tutto; e fermamente, se di due righe è fatta, facciamo la frontiera dove pa**a fauna e flora straniera.