Giorgio Gaber - 1981 lyrics

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Giorgio Gaber - 1981 lyrics

Ma la Storia lasciò l'uomo Al numero 1981 E l'uomo come congelato Non intravedeva il suo destino Non era il capolinea Qualcosa doveva accadere Lo suggeriva una fede spontanea Che non era ancora il tempo di morire Il vecchio saggio E il bimbo appena nato Guardavano la notte Dove il caso è in agguato E la notte Lasciava intravedere la notte Col trucco metafisico e scioccante Che l'è proprio Le cose che riuscivano a stupire Il bimbo e il vecchio Come ad esempio su di un cielo eterno Un grattacielo illuminato di pistacchio Il vecchio saggio E il bimbo tra le braccia della mamma Di fronte a quella strana meraviglia Rinnovarono il dilemma Se quelle cose colorate e straordinarie Sarebbero col tempo diventate Se a Dio fosse piaciuto Necessarie Ma di una cosa siamo certi Che i loro occhi vedevano Non so se con fiducia o senza scampo Quell'enorme a**urdità che è il tempo Signore Iddio, non so se faccia bene o faccia male Assistere ogni tanto al tuo definitivo e ricorrente funerale Questa volta c'era poca gente Troppo poca gente Di cardinali e papi non se ne son visti Del resto i tuoi ministri Sono troppo effettuali A noi piaceva immaginarli un po' più metafisici e mentali A noi che siamo i più ultimi fedeli Ma a scanso di fraintesi non faccio il polemista per mestiere Cerco solo di capire Di capire come fa la gente a vivere contenta Senza la forza vitale di una spinta Di capire come fa la gente che vive Senza correr dietro a niente È vero sono un po' anarcoide e pieno di livore Ma in questo mondo troppo sazio di an*lisi brillanti e di torpore Ci sarà pure un po' di spazio per chi si vuole sputtanare Perché piuttosto che giocare con le più acute e raffinate astuzie del cervello È meglio ricoprirsi di merda fino al collo E tirar fuori la rabbia spudorata di chi è stupido ma crede E urla il suo bisogno disperato di una fede Perché Dio c'è ancora Dio c'è ancora, io insisto Dio c'è ancora, altrimenti non esisto È un Dio inconsueto, che non ha niente di a**oluto È un Dio che non conosce il bene e il male Figuriamoci il sociale È un Dio severo che con magica ironia Ci diede insieme il falso e il vero È un Dio inventato, senza altari né vangeli Ma è l'unica mia spinta in questo mondo di infedeli Signore Iddio, non so se faccia bene o faccia male Assistere ogni tanto al tuo definitivo e ricorrente funerale C'era poca gente appunto Troppo poca gente E rimpiangevo le piccole sapienze Che ogni trapa**o lascia E poi non resta niente E mi veniva il mente quando si credeva come dei bambini E insieme a tre ragazzi finiti male si livellava destini Ma come fate ora a vivere e a morire Senza qualcosa da inseguire Ma come fate a viver tra la gente Con l'anima neutrale e indifferente È vero, si perde un po' il pudore a riparlare di morale Però mi fa un po' schifo saltellare dal fanatismo più feroce All'abbandono più totale E praticare nei salotti la tecnica furbastra Di fare a gara chi è più a destra Confronto a questi ironici infedeli senza il minimo spessore È molto meglio la mancanza più a**oluta di pudore Confronto allo snobismo dei guardoni distaccati e intelligenti È molto meglio persino la retorica dei vecchi sentimenti È molto meglio l'urlo disperato di un coglione Che muore e che ha bisogno di una nuova religione Perché Dio c'è ancora Dio c'è ancora, io insisto Dio c'è ancora, altrimenti io non esisto È un Dio incostante Che non ha mai fermato niente È un Dio che si rincorre senza scampo È l'immagine del tempo È un Dio un po' strano che ci insegna la follia Di ribaltare sempre il piano È un Dio ancestrale che è l'essenza del pensiero La forza naturale che mi spinge verso il vero Signore Iddio, non so s'è irriverente o s'è normale Dover ricominciare dal tuo definitivo e ricorrente funerale