Etna, la terra che trema, che si piega, che si piaga, che si spacca nel buio ed annega in un torrente di pietra incandescente un paese che a**iste senza poter fare niente; la bava del gigante che cinquanta bocche vomitano invade lentamente le strade, le case, le piazze, distrugge leviti sognate, sperate sudate e costruite dall'orgoglio della gente, dal popolo emigrante volato come un nugolo di foglie oltre il mare, distante, alla volta di terre lontane. Pionieri disperati di un infame pa**ato di fame, condannati ad un esilio volontario, per sbarcare il lunario, pur di avere un salario irrisorio accettarono di essere deportati come bestie verso un sogno illusorio. L'America, ostile e famelica, respinse ai propri margini quest'orda barbarica di figli miserabili del "nord del Nord Africa", in cerca di un futuro e costretti alla diaspora. Naufraghi in balia di una realtà che li rifiuta, aggrappati ad un relitto d'ideale che li aiuta a resistere, a non mollare: la terra che hanno lasciato e su cui vogliono ritornare. La terra di fuoco in mezzo al Mare, di delusioni amare, contesa con dolore e con amore al Monte immerso nella bruna, vittime dell'ira di Montezuma