Nelle lunghe ore d'inattività e di ieri che solo certa età può regalare, Samuele Gulliver tornava coi pensieri ai tempi in cui correva per il mare e sorridendo come sa sorridere soltanto chi non ha più paura del domani, parlava coi nipoti, che ascoltavano l'incanto di spiagge e odori, di giganti e nani, scienziati ed equipaggi e di cavalli saggi riempiendo il cielo inglese di miraggi... Ma se i desideri sono solo nostalgia o malinconia d'innumeri altre vite, nei vecchi amici che incontrava per la via, in quelle loro anime smarrite, sentiva la balbuzie intellettuale e l'afasìa di chi gli domandava per capire. Ma confondendo i viaggi con la loro parodia, i sogni con l'azione del partire, di tutte le sue vite vagabondate al sole restavan vuoti gusci di parole... Poi dopo, ripensando a quell'incedere incalzante dei viaggi persi nella sua memoria, intuiva con la mente disattenta del gigante il senso grossolano della storia e nelle precisioni antiche del progetto umano o nel mondo suo illusorio e limitato, sentiva la crudele solitudine del nano, sentiva la crudele solitudine del nano nell' universo quasi esagerato, due facce di medaglia che gli urlavano in mente: "da tempo e mare, da tempo e mare, da tempo e mare, da tempo e mare, da tempo e mare non s' impara niente..."