SCENA VIII
Figaro solo
N. 27. Recitativo ed Aria
FIGARO
Tutto è disposto: l'ora
dovrebbe esser vicina; io sento gente.
È dessa... non è alcun... buia è la notte...
ed io comincio omai,
a fare il scimunito
mestiero di marito.
Ingrata! Nel momento
della mia cerimonia
ei godeva leggendo, e nel vederlo
io rideva di me, senza saperlo.
Oh Susanna, Susanna,
quanta pena mi costi,
con quell'ingenua faccia...
con quegli occhi innocenti...
chi creduto l'avria?
Ah, che il fidarsi a donna è ognor follia.
Aprite un po' quegl'occhi,
uomini incauti e sciocchi,
guardate queste femmine,
guardate cosa son!
Queste chiamate Dee
dagli ingannati sensi
a cui tributa incensi
la debole ragion,
son streghe che incantano
per farci penar,
sirene che cantano
per farci affogar,
civette che allettano
per trarci le piume,
comete che brillano
per toglierci il lume;
son rose spinose,
son volpi vezzose,
son orse benigne,
colombe maligne,
maestre d'inganni,
amiche d'affanni
che fingono, mentono,
amore non senton,
non senton pietà,
no, no, no, no!
Il resto nol dico,
già ognun lo sa!
(si ritira)