Tre tigri contro tre tigri. Tre tigri contro tre. Tre tigri contro tre tigri. Tre tigri contro tre. Trentatre tigri contro trentatre tigri. Trentatre tigri contro trentatre. Trecentotrentatre tigri contro trecentotrentatre tigri. Trecentotrentatre tigri contro trecentotrentatre. Trecentotrentatre tigri riterritorializzate contro trecentotrentatre tigri riterritorializzate. Trecentotrentatre tigri riterritorializzate contro trecentotrentatre tigri riterritorializzate
Trecentotrentatre tigri si riterritorializzarono a Trento con trecentotrentatre trentini di cui: trecentotrentatre trotterellavano, trecentotrentatre aggiustavano la brrrum brrrum del... Boh! con le chiavi torx, aveva un PSSH sul choo-choo-choo-choo-choo-choo-choo-choo-choo-choo-choo-choo. Eravamo lì lì per... Ehm ehm, quando poi IIIIHHH e EEEHHHH! E noi, HA! Mentre lui quack, quack, quack, quack, quack, quack
Ci volle un sacco, come quando hai fretta e aspetti quella mezz'oretta in più che ti ritarda. E poi eeh... Cioè, come se praticamente... Succede che, voglio dire, ehm, che quando negli interstizi dei discorsi, più o meno, insomma, cioè, infatti non saprei, di fatto, francamente, ma, in questo senso, Cappelletti. Canarini. Quando incontri dei bambini sottolinei differenze somigliando a idee che hai in testa del linguaggio dei bambini
"Ciaaaao!" Ciao. "Ma che bello che sei!" Ho due anni appena, non mi ero mai posto il problema. "Hai visto il bau?" Interessante. Quindi l'animale è chiamato con il suo verso. "Ma che belle scarpottine nuove!" Il suo uso del vezzeggiativo mi lusinga, non pretenderà poi però da me riconoscenza se avrò valori e vocaboli ristretti dal desiderio di far gli scemi dei vecchi. "Hai sentito? È intelligente questo bimbo! Dai, suonaci qualcosa al piano! Dai, suonaci una ca**a con il Sonic Decimator. Dai, suonaci una serenata" Serenata
Fai vedere cosa sai delle consuetudini e dell'erudizione cla**ica e laureati, su laureati con queste lettere moderne, tatuati, su tatuati, tatuati. Tatuati il teatro nella prossemica, sovraincidi la dizione lasciand- Dio bo', lasciando tracce di dialetto, qua e là disseminate, caricando il comune discorso di frasi climatiche e anticlimatiche così, rallentando la tensione di frequente, arrivando quasi a bisbigliare, per poi di contrappunto risollevare il tono in un trionfo dello sfogo vocale, un orgasmo linguistico che sintetizza genericamente un po' tutti i sentimenti forti che l'essere umano può raccontare di aver provato che poi vengono indistinti, maltradotti dalla rappresentazione, sospettosamente lasciati alle spalle, per prediligere un dannato anti-climax o un tono acido teatrante che, poverino, usa la sua lingua come la apprende, senza metterle dentro niente, ottenendo un pubblico dormiente, applaude per consuetudine ed io sono in prima fila, fermo nello scroscio. Ti sembro uno stronzo? Ma è solo che dopo un'ora e mezza di spettacolo, di gente che grida e bisbiglia, grida e bisbiglia io non ho ancora percepito il dramma e non ho pianto, non ho sofferto, niente catarsi
Mi alzo e applaudo i tecnici e gli scenografi. Sono venuto apposta: perché tra di loro c'è un mio amico. Ed è il mio amico tuareg che beve l'acqua dai pozzi ma l'acqua non è acqua. È polipropilene che viene dal pa**ato, dove i tuareg suoi fratelli scrivevano il teorema di Weierstra** concentrati tutto il giorno e nelle pause si limitavano per scherzo tra di loro con un'attitudine che non era attitudine ma si faceva peripezia, peripezia fedifraga scritta dai proeti. Pro-profeti. Poe-profeti, sì, scusate. Aldo, Giovanni e Giacomo. Ma cos'hai capito? Intendevo Aldo Palazzeschi, Giovanni Pascoli e Giacomo Leopardi
Sì comunque io intendevo il Pascoli quello del bolide