Mastro Giovanni lavorava gli stivali e la sua adorata moglie lo aiutava e al villaggio la fama del vecchio cresceva ancora.
La bottega di ferri ed arte messi da parte era piena, lavoro ce n'era e - la nera miseria è lontana - la casa ora è in festa ma il riposo dov'è?!
E dalla porta (Ma cosa importa, un altro uomo) entrava quest'uomo imponente, fra tanta gente che si affacciava, che domandava: "stivali?" era l'unico che gli disse fiero del suo danaro - tre sacchi d'oro per gli stivali, il tuo lavoro ti pagherò ma se domani al mattino non sono già fatti tu bada, io prendo questa spade e
-
Al mattino il signore ritorna e gli cerca le scarpe e ne ordina altre: - se non sai sono il capo delle guardie del re, cento paia ai soldati o la scure per te! -.
Dieci giorni di tempo ed il vecchio cuciva - quattro paia non bastano
- lui non c'arriva.
Ma il destino è bizzarro e bizzarri gli dei e il mattino seguente lui ne trova altre sei.
E una sera lui sentiva dei rumori e dalla porta socchiusa si mise a spiare, con sorpresa vedeva qualcosa che non capiva.
Egli vide "gli omini piccini che sembra che un palmo è già a**ai" e li vide cucire e inchiodare - lo stanno facendo per me, guarda moglie cos'è! Non far rumore, già sono ore che a lavorare si son prodigati pazienti e sono tutti senza indumenti, con questo gelo si danno da fare, perché? -.
Il ciabattino ne ebbe pena, con la consorte cucì i vestiti, scarpe e cappucci e sopra il tavolo li lasciò e la sera gli omini, tornando, contenti e stupiti, trovarono i vestiti e
Al mattino il signore ritorna e gli cerca le scarpe che ha messo da parte - Tu ricordi? Sono il capo delle guardie del re. Questi sacchi di oro sono tutti per te -.
E gli omini felici che vanno a danzare sotto il cespo di more, che vanno a gustare, sotto il cespo di more, che natura le crebbe dal sapore di dolce giulebbe.