La tristezza incredibile di un viaggio di ritorno, dalla vita alla morte in meno di un giorno.
La tristezza incredibile di un treno che mi porta via, al mio fondo di mare, alla mia osteria, la mia ancora al collo che comincia a pesare, mano mano che il giorno mi aiuta a ritornare.
La tristezza incredibile di questa mattina, questa nebbia a**urda, morbida e feroce, questa nebbia e cretina che nasconde la tua voce, le canzoni cantate, i gesti della tua mano, che nasconde la collina, che nasconde Torino, e ogni cosa viva tranne quel lampione inumano.
Cosa c'è che può vincere, che può ricacciare indietro, la tristezza incredibile di un viaggio di ritorno, non certo la risata, la storia raccontata, per pietà o per noia, non certo la saggezza, il pensare e ragionare che non si perde niente, che puoi ricominciare, che niente va a morire.
E invece dopo ogni esperienza, ogni fuoco ogni avventura, c'è la triste partenza, ritorno che fa paura. E invece dopo ogni sogno, ogni dolce speranza, c'è un viaggio di ritorno, la porta di una stanza, che apre cose già viste, cose morte di rabbia. Le pa**ate conquiste, i buchi nella sabbia, e le campagne che avevi all'andata guardato, come promesse sicure, grano già seminato, si trasformano adesso in un paese selvaggio, dove dei lupi felici sbranano il tuo coraggio, che rimane a brandelli, sulle cime smarrite, gli alberi solitari come le nostre vite.
La tristezza incredibile di questa nebbia cretina, che avvolge questa povera alba cittadina, di una voglia di piangere forte come una fame, come foglia di un pane che non si è avuto mai, di un lampione che resta in un occhio grigio, di una città che dorme mentre tu te ne vai.