Archiviata tetra decade Con pirotecnia finale Venne un'altra volta estate Come scimmia che ti a**ale, Ti entra nei puberi reni E li fa luce del mondo, Come al tempo dei Tirreni Ogni viaggio ha un mare in fondo. E fu etrusco il nostro mare E misterico quel viaggio, Negli affreschi di Tarquinia Tersi riti di pa**aggio. Di quel mondo ancora giovane Era come avere scorto Circolar fragrante sangue Da quest'evo vizzo e storpio. Poi avremmo deposto grati La sporta degli Eroi Ormai ridotta ad un fardello di porfidi. Non proprio riconciliati Ma un po' più attenti a noi: Avere stile è libertà. Ci saremmo poi dannati Per il nostro scarso fiuto: Nella noncuranza endemica Non s'è mai riconosciuto Lo spietato sguardo neutro Che riserva la natura Alle agonie e agli affanni D'ogni buona sua creatura. Per non aver udito al fondo Di diuturne sonnolenze Echi di caverne e forre E di più spettrali essenze. E in quel vitalismo greve Che un po', infondo, ci compiace Come non scovarci acre Il sentore della strage? Ma vampa d'agosto, il servo, In mezzo al crocevia d'una stazione Apostrofava gli immemori Che c'è sempre un bastone in serbo, Che atlantica afasia La chiameremo Libertà (Sarà la nostra "libertà")