La lotta dei cuscini Senza sonno che spiumano, Che fanno zampilli di pollini che pullulano Aggressivi, irsuti, istigatori di starnuti. Così tu te la spa**i amoreggiando, E te la prendi comoda, Con morbida ovvietà, Sembrando tu un guanciale Contro un altro che t'a**ale, Il tutto in una schiuma, Che coi talloni monti come l'uva. E come un muschio domestico stampato e Quanto inutilmente rimboccato. Questo composto di onesta futilità Mista a pa**ione come un cialdone si sfa; Sulle rovine, vorresti forse anche tu In bricioline come una reggia andar giù. Tu non ti pungi più, E la vaghezza non osa, Vai molto oltre, tanto poi ti raggiungi. Impenni una montagna solidale E nel suo fianco falle, falle rudimentali, Aperte come portali Per i tuoi puntuali Appuntamenti molto occasionali. Tu Non Ti Pungi Più E la pianura s'ingrossa: Fra la cresta e la fossa, Tu non ti pungi più,
L'erba enorme cavalca Bianca e verde cobalto, Prendendo al volo forme di caduta e di salto, Infine dorme Come un binocolo nella custodia La tua vista. Se un santino Ti visita e t'indora, Ma rimandando a poi, Perché dilegua, Tu, perché ti accora, Canonica lo fai Languire prima E mormori un oramai Come una preghierina. Oramai, ora cosa, ora che: Perso per perso ohimè. Candida o perversa Che non ti pungi più, Raccolta o dissipata, Esausta o fresca fresca, Quasi niente per niente Pungente pungente, Ma rizzi e doni quel barbaglio alla Luna. Questo è quanto. Con una belva accanto, È questo il modo in cui Fai la morosa: Assumi pose inesplose, E non ti pungi più, Non fai più la raccolta D'incanti ardenti ed arsi. Una vela è un sottile perché, Un avvilito ohimè, E non si dorme bene Ché lune piene Tutte beate, mutevoli e brune, Tutte toccanti.