Per insignificanti movimenti
Tanti e tanti il volto è tutto;
E tutto sta raccolto sopra il tuo bel volto. Lingua che sei straniera
E non si sa se vuoi che io ti distingua dalla mia
O se mia lingua ti finga.
Bocca di gradazioni, intera gamma,
Dalle predilezioni alla maniera amara.
Bocca che mi sei cara
Appena appena schiusa quando armatura in te
Quella fessura è un dissuadendo le svariate forme labili d'espressione
Per tentativi ed approssimazione.
Ed il tuo volto è tutto nel momento in cui,
Pa**ando sopra alla tua immagine
Della quale è troppo facile dire che in superficie,
Affiori l'anima pa**ando sopra la tua immagine, invece
Ci si vede intraducibile l'estraneità al lavoro. Ché il volto è tutto
Ma non è del corpo, al quale pare unito.
Il corpo, contentando il senso della nutrizione
E il viso l'ascensione l'a**olvenza dell'inappetenza
Perché un bel volto bello se lo si può guardare è un disimparare
Del mondo questo e quello.
Così ci s'innamora di un viso in cui
L'estraneità lavora. Il corpo segue,
Come un testimone casalingo e familiare
Di questa apparizione,
In su la cima. Quest'opera sensibile:
Il tuo volto che si manifesta ed è
Oltre l'ordine della natura.
E come tutti i portenti tende a scomparire
Più cerchi di tenerlo a mente e nelle spire
Dei ritrovamenti portentosi.
E la voce del viso allora nemmeno
Ricorre ai miracoli
Non un riso, un pianto,
Non una smorfia densa d'oracoli.
Ma dà senso quella voce a un solo volto che sotto il mio
Rotola, si ferma e freme, alle mie mani preme
Perché lo riporti in cima,
In vetta al suo sistema dei piaceri.
Secondo un canone, un precetto ed una disciplina
Che inumidisce i capelli e per discrezione stende
Un velo di madore sulla pelle.
Ti spadroneggia allora il tuo godio,
Disincantato in quanto,
Più è restio al racconto lenitivo,
Al ria**unto giulivo. E non è riso appunto
E non è pianto il tuo perché il racconto è il riso e pianto il suo ria**unto.
Sul viso la sinta**i non ha imperio, non ha nessun comando.