Lavoratori a voi diretto è il canto
Di questa mia canzon che sa di pianto
E che ricorda un baldo giovin forte
Che per amor di voi sfidò la morte.
A te, Caserio, ardea nella pupilla
De le vendette umane la scintilla,
Ed alla plebe che lavora e geme
Donasti ogni tuo affetto, ogni tua speme.
Eri nello splendore della vita,
E non vedesti che notte infinita;
La notte dei dolori e della fame,
Che incombe sull'immenso uman carname.
E ti levasti in atto di dolore,
D'ignoti strazi altero vendicatore;
E t'avventasti, tu si buono e mite,
A scuoter l'alme schiave ed avvilite.
Tremarono i potenti all'atto fiero,
E nuove insidie tesero al pensiero;
E il popolo cui l'anima donasti
Non ti comprese, e pur tu non piegasti.
E i tuoi vent'anni, una feral mattina
Gettasti al mondo dalla ghigliottina,
Al mondo villa tua grand'alma pia,
Alto gridando: "Viva l'Anarchia!".
Ma il dì s'appressa, o bel ghigliottinato,
Che il tuo nome verrà purificato,
Quando sacre saranno le vite umane
E diritto d'ognun la scienza e il pane.
Dormi, Caserio, entro la fredda terra
Donde ruggire udrai la final guerra,
La gran battaglia contro gli oppressori
La pugna tra sfruttati e sfruttatori.
Voi che la vita e l'avvenir fatale
Ofriste su l'altar dell'ideale
O falangi di morti sul lavoro,
Vittime de l'altrui ozio e dell'oro,
Martiri ignoti o sciera benedetta,
Già spunta il giorno della gran vendetta,
De la giustizia già si leva il sole;
Il popolo tiranni più non vuole.