HO RISCHIATO DI VIVERE PARTE PRIMA
Oggi ho rischiato di vivere,
ma non ho avuto il coraggio,
ed ho preferito tornare
allo stato di non coscienza.
Quando ti ho vista sorridere,
forse ho provato un brivido.
Poi, son tornato nel grigio
della mia morte terribile.
Unica mia fuga gli incubi.
Quando mi libro dal corpo,
esploro stati alterati
dove si generan mostri.
Mi rila**o e mi trascina il vortice,
l'inconscio mi sommerge.
Sento i pa**i affrettati di uomini
forse mai esistiti, forse già morti.
Mi respirano addosso,
si avvicinano per toccarmi.
Sento il gelo della loro mano
che sta per sfiorarmi il volto.
La mia asfissia si risolve
quando rientro nel corpo.
Oggi ho rischiato di esistere
per una scintilla di tempo.
Oggi sono rimorto.
RITRATTO DI DONNA IN NERO
Suonavi al pianoforte
un mesto preludio di morte,
un presagio di sconfitta.
Tu, stretta nei tuoi vent'anni,
di cui nove pa**ati a studiare
le belle melodie dell'infanzia:
contappunti fra canoni e fughe,
temperate da una speranza infranta.
Frangibile dea, le eburnee dita
ballavano sulle risonanze spente,
le liquide scale virtuose
si scioglievano in labili arpeggi.
Drappeggiavi e arabescavi,
ricamavi le dolci appoggiature,
mordevi, acciaccavi, trillavi,
le dinamiche di agonie agogiche.
Non ti aspettavi che, all'improvviso,
anacrus,i sincopi e contrattempi
ti avrebbero visto declinare triste
verso una fine prematura e subitanea.
Di te, mi restano i solfeggi rotti,
le partiture abborracciate a mano.
Di te, mi resterà poi, solamente,
la nebbia sui navigli di Milano.
E le fermate lente del locale a Voghera,
immota e quieta nella stanca della sera.
MEMORIALE
Io rammento
il frammento
del vestito
di velluto.
Il fantoccio
che stringevi,
ragazzina,
sguardo schivo.
Tutto attorno,
la cornice,
come spazio
del vissuto,
che gestiva
la tua forma,
contenendo
l'eversione
del tuo essere,
in nuce,
una donna
con idee.
Un concetto
di ritratto.
Un'icona
del pa**ato,
irriflesso,
adusato,
digerito,
ormai scordato,
come un piano
da lontano,
eco antico,
luce fioca.
Eri poca,
necessaria,
a**oluta,
risoluta.
Eri vita.
GARGOYLE
Ho scritto un libro di pagine bianche.
Devi leggerlo al contrario,
se vuoi saper l'incomincio della storia.
Dicono che ho il cuore di pietra.
Ma non è colpa mia.
Mano d'uomo mi forgiò,
figura teriomorfa di sa**o e fuoco.
Appeso da mill'anni,
osservo e medito,
degli uomini, i miserrimi rituali quotidiani.
Voi, picciola gente,
risonate di pa**ioni.
Io che mi son abbeverato
nel Letè, ho abiurato nell'oblio
la mia esistenza, eterna
come il mio silenzio.
Muta pietra risonante,
mi consumo nell'attesa
che nelle mie trasmigrazioni,
vi accorgiate che qualcuno vi scruta dall'alto
e ne trae conclusioni
per nulla affrettate, né felici.
Le mie ali non volano
Né la mia coda si dipana in spire.
E quel che ho da dirvi,
non lo potrò mai pronunciare,
novello Arpocrate.
Io brucio lento nel mio inferno di diaspro e di vento
come voi bruciate nel vostro, di carne e di sangue.
HO RISCHIATO DI VIVERE PARTE SECONDA
Oggi ho rischiato di vivere.
No, non mi va di sorridere.
Vita, se potessi fermarti,
avrei tanto da darti,
avrei tanto da amarti.
Ma tu mi guardi e vai
e non ti fermi mai.
I tuoi pensieri sono altri
ed io non riesco ad avvicinarti.
Oggi, ho capito che anch'io,
no, non son simile a Dio.
Sono solamente un uomo,
senza gloria né perdono,
senza storia né condono.
E tu mi guardi e vai,
ma non ti giri mai.
Il tuo pa**o è veloce.
Nella mia testa,
solo la tua voce resta,
che ripete sempre:
"Cosa ti aspetti dalla vita?
Una fine repentina oppure un grande amore?
Io non attendo, ormai, più nulla
perché, attendere, fa male.
Guarda il tuo volto, com'è cambiato.
In questi lunghi anni di ricerca.
cos'hai trovato? Un duplice te stesso,
simile a quello che già eri stato.
Ora capisci: parti da un punto
per arrivare dove sei partito.
Siamo una curva come curvo è il tempo,
curvo lo spazio, curvo l'infinito.
E dove osservi, tu hai già osservato.
Ritorni in te, quando ne sei uscito.
Il tuo pensiero è stato già pensato
e ti ritrovi, appena sei smarrito".