Ventidue ottobre del '42: compivo sedici anni. Sera a**ediata da un nero scirocco carico di malanni. Scirocco è la voce sbagliata d'un mare Che si ripensa inchiostro, E' il cielo di piombo propizio al rapace Che va preparando il rostro, E' già troppo tardi quando la sirena Ci gela in gola una misera cena, Latrando il suo allarme da anima in pena. Con lo stesso svelto sciamare dei ratti Che puntano un pertugio Andiamo a stiparci in quel tunnel infame Che chiamano "rifugio". Lo schianto a**ordante, il buio ha un conato, Il mondo si capovolge Su un mare di urla mi sento scagliato, Poi il nulla mi travolge. Non so dopo quanto riacquisto nozione D'esserci interamente; Prendo a strisciare su corpi smembrati, Risalgo una corrente
Che sa di zolfo e metallo combusto, Che sa di mattatoio E se per metà riconquisto la vita Per l'altra resto e muoio. Ma c'è quella voglia che avrei di guardare Negli occhi gli anonimi eroi che mi pare Abbian pensato di dar contributo A questo bombardamento Facendo luce al momento opportuno Durante l'oscuramento.* E poi che stile quei "liberatori"! Da ricchi, da gran spreconi Se per colpire una mezza caserma Spianano sei rioni… Ma dalle macerie riguadagno la notte, Sto qui a riveder le stelle Con occhi che sento rinati in quest'ora, Con gli occhi d'un ribelle. NOTE * Ci furono delle polemiche postume in merito a questa discutibile operazione di sabotaggio, ma nessuna responsabilità venne mai accertata.