Poveri fiori là fuori, fa un freddo cane là fuori. Il vento spezza le foglie, la brina brucia i colori e mamma piange da sola in cucina, sa che quest'anno l'inverno è arrivato prima e certe macchie non le lavi mica come una coscienza, come una fedina, come la divisa di quel porco alla porta quella mattina: "Ci vuole coraggio, signora, la vita continua". No, ci vuole coraggio ora a chiamarla vita
Ora che mi manchi e ti vedo tutte le notti, che non vorrei svegliarmi tanto sembra vero, ora che tutto il resto ha perso di senso, spero
Che stia bene almeno tu, almeno adesso. Non c'è vendetta o verdetto che possa darmi la forza di entrare ancora in quella stanza rimasta vuota. Non c'è sconto sulla pena di chi si alza ogni mattina condannato a un esistenza rimasta vuota. Questa sete di giustizia a cosa serve? Mi tiene sana di mente se ripenso alla mia anima schiacciata sull'asfalto dal tacco di quell'agente, presa a calci e sputi, lasciata a terra che sanguina. Poveri fiori nel gelo di questo inverno, lanciati al cielo strappati dalle radici, pure quando i colori saranno sbiaditi rimarrà forte l'odore nel vento
Poveri fiori, una foto nella giacca e quel sorriso sulla faccia spento con uno sparo. Un fiore rosso sul risvolto, camicia bianca, frasi di circostanza, due freghi su un certificato. Da quanto tempo non ti vedo? Minuti o anni? C'ho perso il sonno a ricordarti nelle crisi. Potrei raccontare come ridi, i nei sul collo, i tuoi vestiti preferiti. Di te ho ricordi inalterati, seppelliti sotto chili di detriti. Sotto i sorrisi non puoi immaginare cosa sento: qualcosa che urla dentro, mi manca il fiato quando vedo il tuo a**a**ino, vento in faccia, a tre tavoli dal mio a un bar del centro. Se penso alle tue braccia, che non posso più sentire, quando mi stringevi, chiamandomi per nome. Se penso a quello che ci ha tolto, quando gli è partito un colpo, tu sei andato e mi hai lasciato qui. Come si sveglia un condannato? Il sapore amaro in bocca ogni mattina, attaccato a un ricordo caro, faccia da aspirina contro il mal di testa della vita, scacci il dolore in fretta e cicatrizzi la ferita. E viene il freddo, fuori si gela, ché il ricordo non sia sepolto, sotto la rena. All'erta tutte le sere: se l'ingiustizia è legge, la resistenza è dovere
20 luglio 2001, Piazza Alimonda. I cani da guardia senza guinzaglio e in a**etto da guerra. La folla, le urla e un corpo steso a terra. Il sa**o il rimbalzo scuse del cazzo e poi il nulla
25 settembre 4 anni dopo. L'alfa 3, l'alfa 2 alla fine il 118. "insufficienza cardiaca da abuso di droga e alcool" per la perizia. Un altro morto sotterrato con il fango
22 ottobre 2009, 20 grammi in tasca, 37 chili quando muore. In tribunale nemmeno riesce a parlare. Sette giorni per vedere il volto di chi cade dalle scale