Un uomo fiero di sè, inizia raccontando la propria storia, in terza persona, ed io, sono parecchio fiero di me... Questa è la storia di uno schiavista Uno di quelli che a fine '700 puntava alla conquista Del nuovo mondo Riempiva il doppiofondo delle navi con i negri Che un tempo erano umani Ma da domani poi saranno solamente schiavi Su questa poi salivano Shamal e un altro tizio Due tizi qualsiasi che non possedevano neppure un vizio Comprati come schiavi di quell’uomo successivamente avrebbero poi soddisfatto ogni fottuto sfizio Lo chiamavano il progresso che avrebbe dato i suoi frutti Lo chiamavano futuro Mentre quеll’uomo da là sopra urlava morirete tutti Questo è sicuro Morirеte tutti con la schiena spezzata Se non per il lavoro Sarà per una frustata E ammazzerò la vostra amata Se poi vi chiederete dove ho dimenticato la mia umanità Vi rispondo che l’ho abbandonata tempo fa, scegliendo poi al suo posto la mia avidità A questo proposito ho una speranza Che non è quella di ritrovarla Ma di acquistare una fottuta terra dopo l’altra Urlo questo mentre vedo le montagne in lontananza Dopo qualche mese vedo sorgere le chiese Vedo sorgere le imprese Nelle piantagioni quelle lampade restano accese Vedo donne nude e appese, uomini senza difese Mentre la mia villa resta sotto un bel cielo turchese Mentre insieme ad altri governiamo sto paese derivato da una splendida colonia inglese
Questo è il potere del potere Il potere della ricchezza Vedere quei bimbi del colore della merda in pasto ai cani non mi fa più tenerezza La speranza di diventare un uomo ricco e potente ti cancella dal mondo dei buoni Perché poi pensi soltanto che di banconote ne vorresti almeno duecento milioni Ed oggi sono libero perché ho all’incirca cento mila schiavi e non ho più padroni Non ho più padroni L’unico altro modo per essere liberi davvero è quello di morire Lo penso in piedi sul balcone mentre guardo quel fienile Dove dormono i miei schiavi Mi ricordo che domani, ne arriveranno altri sulle navi Ma poi ne noto uno, si dirige nel cortile Si è abbassato per non, farsi notare ma io l’ho visto e afferro il mio fucile Sussurrando “ci speravi” Va verso il cancello che tra qualche istante si trasformerà nella più bella porta del più bel macello Io con cautela aspetto Poi fa uno scatto rapido, sembra uno strano uccello che vola via dal tetto Io miro dietro al petto perché questo non lo accetto E in meno di un istante premo il grilletto Quell’uomo so, che sperava di trovare la sua libertà, forse più di me possedeva soltanto la speranza ed il coraggio, ma voi ascoltatori ditemi, quanto può essere triste, morire una notte di maggio?